Negli ultimi quarant’anni su Ischia è stato scritto moltissimo. Merito senz’altro del turismo che ovunque ha bisogno di iniziative editoriali a sostegno delle bellezze e delle eccellenze del territorio promosso. C’è un però: spesso la letteratura turistica finisce con l’amalgamare in un unico "potpourri" fonti documentarie e approcci diversi che invece meriterebbero di essere trattati separatamente, o quanto meno con maggior piglio scientifico. Da qualche tempo c’è in circolazione un libro che fa giustizia di quest’approccio olistico, guadagnando, e molto, in profondità di analisi. Anzi, la varietà di spunti offerti depone senz’altro a favore di una narrazione scientifica che non perde però di vista il fine divulgativo cui è preposta.
Il libro è "Il vulcano Ischia" (Imagaenaria edizioni, 2011) scritto dal geologo ischitano, da tempo residente a Madrid, Massimo Mattera, e affronta dal punto di vista letterario, storico e propriamente geologico (il sottotitolo di copertina è: miti, storia, scienza) l’intreccio tra vulcanesimo e antropizzazione dell’isola d’Ischia. Da subito, risulta evidente che nel caso di Ischia è la natura vulcanica del territorio a spiegare, quasi da sola, gli sviluppi umani e sociali dei suoi abitanti - dal neolitico sino all’attuale economia turistica.
Favoloso!
Del resto, la leggenda di Tifeo, il gigante che scuote di tanto in tanto l’isola perché costretto a giacervi per punizione divina (di Zeus) è la riprova della centralità di terremoti ed eruzioni nella storia della più grande delle isole flegree. Ancor più emblematico l’episodio, aggiunto in seguito, del pentimento del gigante per intercessione di Venere (Aphrodite) che, in attesa di una riconciliazione definitiva con Giove (Zeus), ottiene perlomeno dal mostro che le sue lacrime si trasformino in effluvi benefici (sorgenti termali, fumarole) per gli uomini.
Nondimeno, Eretriesi e Calcidesi che per primi si insediarono sull’isola d’Ischia se non avessero trovato terreno fertile e ricco di minerali, difficilmente avrebbero potuto mettere a frutto il loro bagaglio di tecnologie e conoscenze, consentendo così la diffusione in tutto il bacino mediterraneo della coltivazione della vite e della lavorazione della terracotta.
La natura sa però essere anche matrigna: i fenomeni naturali determinano l’alternarsi di fasi di decadenza e sviluppo del territorio. Mattera correttamente ricorda come l’eruzione del Montagnone nel VII secolo a.C. indusse i Calcidesi ad abbandonare l’isola, e quella del 470 a.C. i Siracusani di Gerone I a fare altrettanto. Stesso destino per la colonia romana di Aenaria, distrutta da un'eruzione nel I secolo d.C., per non dire della terribile colata dell’Arso del 1302 che condannò lschia a decenni di saccheggi e marginalità storica.
Ma il cataclisma più devastante di tutti, che segna un prima e un dopo della millenaria storia dell’isola d’Ischia è senza dubbio
il terremoto di Casamicciola del 1883. Mattera racconta quei famosi 13 secondi che sconvolsero la cittadina termale e buona parte dell’isola d’Ischia dal punto di vista storico, urbanistico e geologico. Soprattutto per quel che riguarda gli ultimi due aspetti, l’autore giustamente osserva come il sisma fu l’occasione per la realizzazione di un piano di edilizia popolare che segnò l’introduzione di importanti novità (poi negli anni disattese) rispetto alle tecniche edilizie sin lì utilizzate, mentre, dal punto di geologico viene ribadita la maggiore difficoltà a predire gli eventi sismici in quei territori come Ischia dove tali fenomeni sono indissolubilmente legati all’attività magmatica del sottosuolo.
L’ultima parte del libro è dedicata appunto alla predittività dei fenomeni eruttivi, con una chiarezza espositiva che si fa beffe tanto degli inutili allarmismi, quanto di comportamenti che negano alla radice la questione. La raccomandazione per Ischia, non diversamente da quanto vale per qualsiasi territorio vulcanico, è il continuo monitoraggio di quelli che la letteratura scientifica chiama i "precursori", vale a dire quei fenomeni che generalmente precedono l’evento eruttivo (nel caso dell’arcipelago flegreo di cui Ischia fa parte, l’indicatore principe è il bradisismo), sulla cui signficatività, vanno calibrati, gli interventi di protezione possibili.